Omelia Messa Crismale

Premessa

Carissimi confratelli sacerdoti, è a voi in modo particolare, anche se non esclusivo, che questa mattina il vostro Vescovo rivolge la sua parola, ma soprattutto apre il suo cuore e la sua mente. Vedo vivo e operante in voi lo Spirito Santo che un giorno avete ricevuto in pienezza con l’imposizione delle mani. So che siete coscienti di essere stati consacrati con il crisma, olio profumato che vi impegna a realizzare una santità autentica, una santità che vi spinge alla missione di portare il Vangelo in questo nostro mondo così secolarizzato, alle stesse nostre comunità cristiane, che pur conoscendo Dio ed avendo fatto esperienza di Lui sovente vivono troppo immerse in ciò che le allontana da Lui. Voi siete i sacerdoti che, insieme con me, siete chiamati a svolgere il ministero in un contesto culturale che ci appare così allergico ai valori di cui noi siamo annunciatori e portatori. Tuttavia, guardandovi uno ad uno, citando Isaia (1a lettura), con grande fiducia nel cuore vi manifesto la mia stima perché “voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti … coloro che vi vedranno riconosceranno che voi siete la stirpe benedetta dal Signore” (Cf Is 61, 6.9). E due righe più avanti lo stesso profeta ci suggerisce di dire: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio” (Is 61, 10).

  1. Verifichiamo la nostra identità

Questa è una giornata importante di festa, ma anche di verifica della nostra identità. Questa è l’occasione solenne davanti a Dio e a tutta l’Assemblea presente di guardarci dentro, senza veli e senza timori, perché prima ancora delle nostre miserie ci sono i tesori da scoprire, quei tesori che il Signore ha messo nel nostro cuore e nelle nostre mani. Un sacerdote perde l’orientamento di vita quando non vede più la grandezza alla quale Dio lo ha elevato e non crede più fino in fondo a quell’amore personale di amicizia e di predilezione con il quale Gesù lo ha scelto per essere “uno dei suoi”.

Andiamo indietro nella nostra vita: pensiamo a quelle persone che fin dalla nostra infanzia e fanciullezza ci hanno indicato Gesù come il miglior amico che potevamo trovare; pensiamo a quando abbiamo avvertito lo sguardo di Gesù su di noi, “e Gesù, fissatolo, lo amò” (Mc 10, 21), e abbiamo sentito con chiarezza la sua chiamata, abbiamo risposto positivamente con entusiasmo, ci siamo preparati al ministero e ne abbiamo assunto gli impegni mettendo in gioco tutta la nostra vita.

Ora ci chiediamo, a distanza di tanti o pochi anni dal giorno radioso della nostra Ordinazione, il nostro ministero lo viviamo come dono o come peso?

  • Lo si sente e lo si vive come “dono” se la nostra attenzione è concentrata su Gesù e su quello che Egli ha voluto fare delle nostre persone:
  • Siamo “suoi” non solo perché legati a Lui a titolo particolare in quanto discepoli, ma soprattutto perché “consacrati” a Lui e alla edificazione del suo Regno con il dono dello Spirito Santo ricevuto con l’imposizione delle mani del Vescovo che ci ha abilitati ad agire “in persona Christi”.
  • Siamo “mandati” nel mondo per portare quella Parola di verità, che è Cristo stesso, unica capace di dare prospettiva di salvezza. Deve colmarci di stupore il constatare che, nonostante la nostra povertà, Gesù abbia posto la sua fiducia proprio su di noi mettendo nelle nostre mani quei tesori di grazia che arrivano alle diverse persone attraverso il nostro ministero.
  • Siamo da Gesù anche “santificati” perché abitati dalla Santissima Trinità: una presenza questa che ci fa partecipi della santità divina che ci rende capaci di realizzare noi stessi anche nella nostra umanità in quanto ci abilita ad amare con cuore puro, come è puro il cuore di Dio.
  • Il rischio invece di vivere il ministero come “peso” lo si corre se impostiamo la nostra vita seguendo la logica del mondo. Questo accade quando:
  • si vuole ottenere risultati immediati;
  • si cerca di avere gratificazioni personali, successo, popolarità;
  • si organizza la nostra giornata in modo da rimetterci il meno possibile di ciò che è nostro, mentre Gesù ci chiede di vivere la logica del chicco di grano, che per portare frutto deve morire: “Chi ama la propria vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 25).
  1. Camminare con la Chiesa

L’unità del Corpo mistico di Cristo, che a me piace immaginare come rappresentata da quella veste di Gesù senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo, che sul Calvario nemmeno i soldati hanno osato strappare, ma se la sono tirata a sorte, deve essere custodita e garantita da tutti, specialmente da noi sacerdoti. Questa unità si esprime in modo particolare nella testimonianza di una comunione sincera:

  • A livello universale dobbiamo vivere ed agire in comunione con La SS.ma Trintà che governa con potenza e forza la Chiesa, edificata dal Sangue di nostro Signore Gesù Cristo dagli attacchi che gli vengono inferti dal maligno che cerca in ogni occasione di distruggerla. Questo è il tempo della vigilanza, soprattutto per illuminare con la dovuta chiarezza i nostri fedeli, i quali molto spesso sono tratti in inganno da tante eresie e contraddizioni dottrinali.
  • All’interno della Prelatura, la comunione ecclesiale ci impegna a vivere una sintonia di fede da parte dei presbiteri nei confronti del proprio Vescovo, e viceversa: cioè io, a mia volta devo, e vi confesso che questo lo sento come un impegno che cerco di vivere con sincerità, dimostrare a tutti voi, nessuno escluso, non solo sentimenti, ma anche atteggiamenti ispirati alla paternità e fraternità. Se c’è questa volontà reciproca di comunione spirituale, anche se talvolta ci possono essere idee e sensibilità diverse, allora la nostra pastorale cammina ed è benedetta dalla grazia del Signore.
  • A livello di cappellanie con i nostri fedeli. Su questo versante conservare e coltivare la comunione significa accogliere tutti senza preferenza di persone, ma anche farsi carico di tutti con quell’ansia missionaria che ci spinge a pensare ai lontani, a quanti potrebbero ricominciare “da adulti” un più cosciente e responsabile cammino di fede, così da suscitare in tutti il desiderio di farsi sinceri cercatori di Dio.

2 Il nostro offertorio pasquale a Gesù

Come avviene nella Celebrazione eucaristica dove noi presentiamo al Signore povere cose, come il pane e il vino, le quali però, con la potenza dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo, così ora in questa Solenne Celebrazione, rinnovando le nostre promesse sacerdotali, noi mettiamo nelle mani di Cristo le nostre povere persone così da diventare nelle sue mani strumenti preziosi per la costruzione del suo Regno di Amore.

Questa è per me, cari confratelli, una delle solenni occasioni per manifestare a tutti voi la mia sincera riconoscenza per la vostra preziosa e generosa collaborazione al mio ministero.

  • Conosco le vostre difficoltà, delusioni e solitudini, e se questo stimola me a farmi sempre più capace di prossimità, mi suggerisce anche di ricordarvi che chi ha dato la sua vita al Signore Gesù, crocifisso e risorto, deve saper mettere in conto anche questa situazione: ogni risultato pastorale richiede il suo prezzo di sofferenza e di croce.
  • Vorrei che mi leggeste nel cuore per scorgere i sentimenti di affetto, amicizia e paternità che sempre mi animano anche quando vi chiedo il sacrificio di un nuovo servizio pastorale perché sempre queste scelte, frutto anche di discernimento con il mio Vicario, sono proposte, mai imposte, tenendo presenti le varie necessità che si presentano nella nostra Prelatura.

Conclusione

Il mio augurio pasquale a voi, al nuovo prossimo diacono e a tutti i presenti è di continuare il cammino spirituale e pastorale con la convinzione che Gesù è sempre al nostro fianco, come con i due discepoli di Emmaus, per offrirci la luce della sua Parola, il ristoro della sua Eucaristia e la gioia dell’entusiasmo ritrovato.

La Vergine Maria che scioglie i nodi, doni la sua protezione materna a quanti sono, come è stata Lei, ai piedi della croce, a quanti come noi che siamo ancora impegnati nel lavoro pastorale, e ci renda tutti forti nella fede nel Signore Gesù risorto nel quale, con il quale e per il quale vogliamo vivere il nostro ministero a lode e gloria della Santissima Trinità, ora e sempre. Amen.

 

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